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La Chiesa di S. Maria del Pianto detta della Morte

La chiesa che accolse il sorgere della nuova confraternita nel 1613 fu S. Francesco, retta dai frati minori conventuali. Con molta probabilità questi religiosi non ebbero nessun influsso sulla vita della congrega, anzi il tipo di ospitalità da essi concessa deve aver fatto sorgere più di un problema se, a distanza di pochi mesi dalla nascita della confraternita, i soci rivolsero una supplica a mons. Bovio affermando che: "essi fratelli si hanno pigliato principal carico di sepelire li morti poveri, il che hanno fin hora fatto con ogni purità trattenendosi nella chiesa di S. Francesco, dove non havendo luogo comodo di esercitarsi in alcuni esercizi spirituali (...) hanno ottenuto in prestito dalle Reverende monache di S. Pietro una lor chiesa destructa per nome S. Maria del Principe".
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Dalla visita di mons. Salerni si apprende che, dov' è ora via S. Angelo, esisteva un antico monastero denominato appunto "S. Angelo", nel quale trovavano dimora alcune monache "sub regula Cisterciensi S. Conradi Protectoris huius civitatis". Esse abitarono in questo monastero fino al 1500 quando, per i pericoli della guerra, si trasferirono all' interno delle mura della città "in locum, et ecclesiam, quae dicebatur S. Maria de Principe". Fino al 1572 le monache si fermarono in questa sede finchè, durante l' episcopato di mons. Maiorano Maiorani, per un lascito testamentario di Lorenzo de Agno del 23 aprile 1556, fu fondato il nuovo monastero di S. Pietro, nel quale le religiose si trasferirono il 15 luglio 1573. Mons. Maiorani pose il monastero sotto la regola benedettina e fece giungere dal monastero di S. Benedetto di Conversano la prima badessa, donna Ludovica Bianca, la quale governò il monastero per trentadue anni.
Nel 1613 la badessa e le monache chiesero a mons. Bovio di convertire in usi profani la chiesa di S. Maria del Principe, "distrutta et rovinata posta nella città di Molfetta alla strada di S. Lorenzo, per la quale non conviene che restando chiesa, stia così maltrattata; et dal altra parte esse et il Monastero loro poverissimo non hanno da vivere". Mons Bovio fece interrogare tre sacerdoti, fra cui il cappellano e il confessore del monastero ed essi affermarono che "la detta chiesa si ritrova ruinata cioè non ha tetto in parte alcuna, et le lamie sono cadute in parte, et l' altre minacciano ruina et le mura parte sono cadute et parte minacciano ruina". I tre preti furono concordi nell' attestare l' impossibilità da parte delle benedettine di provvedere al restauro della chiesa a causa della povertà del monastero. Pertanto il vescovo concesse alle monache di utilizzare in altro modo i locali della chiesa, ma prescrisse che fossero prima traslati i resti mortali deposti sotto il pavimento di essa. La chiesa, invece, non fu profanata, ma concessa alla confraternita della Morte in cambio di un annuo censo e ben presto essa verrà denominata come "chiesa della Morte" e più tardi "S. Maria del Pianto". I confratelli iniziarono i lavori di restauro e riaprirono al culto il pio luogo, che secondo Samarelli fu praticabile già nel 1618, ma che certamente doveva funzionare nel 1621 come risulta dall' epigrafe posta sull' ingresso principale.
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- Testo tratto dai Quaderni dell' Archivio Diocesano di Molfetta
- "La Confraternita della Morte di Molfetta nei secoli XVII - XVIII"
- di don L. M. de Palma, Edizioni Mezzina Molfetta, Aprile 1984.
N.B. - Tutte le foto provengono dall' archivio privato del dott. Franco Stanzione ed è vietato riprodurle senza il suo consenso e/o omettendo di citarne la fonte.

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